LA GALLUZZA

... e imbocco Via della Galluzza...<<Pss, pss!>> mi sento soffiare nelle orecchie. <<Oh bellina!, che fai?>> Per un momento penso che sia la cannellina, quella che spesso si metteva a chiacchierare con Pasero, così mi ci appoggio, senza dare troppo nell'occhio, come se avessi bisogno di un sorso d'acqua. <<So' la Galluzza>>. Tra me e me pensai che non sarei mai riuscita ad arrivare a lavoro, conoscendo il carattere degli ocaioli, dopo essere stata a chiacchiera con il Tiratoio, sospettavo che anche la Galluzza avrebbe avuto qualcosa da dirmi. Ed avevo ragione: <<Tu mi trovi affascinante?>>. La mia mamma mi ha parlato spesso di un carattere un po' vanitoso della Galluzza ed ora comincio a capirne il perché.I caratteristici archi della Galluzza La domanda comunque mi prende di sorpresa, così confusamente le rispondo che in effetti è un angolo di Siena molto suggestivo, che è come una bella donna e che gli archi tutto sommato la rendono assai romantica. <<Beh! In effetti questi archi sono come una corona ma non ci dimentichiamo che sono stati costruiti in seguito al terribile terremoto del 1798, che provocò numerosi danni in tutta la città, ma i maggiori nelle contrade di Bruco, Torre ed Oca. Insomma diciamo che sono stati frutto di un caso e che non tutti i mali vengono per nuocere. Il mio fascino, cittina cara, viene dai miei abitanti, dalle persone che vi sono nate, cresciute o che ci gironzolano. Sono un luogo legato alla nascita e alla crescita>> <<In che senso scusa?>>. Domando stupita. <<Sulle origini del mio nome ci sono varie ipotesi: la più accreditata sostiene che esso derivi dal fatto che tra Diacceto e la Costarella si svolgeva il mercato del pollame; io invece sono fermamente convinta di essere figlia delle conce e ti spiego perché: quando un insetto deposita le uova tra la corteccia di un albero, si forma una sacca chiamata "galla" o "galloccia">>. <<Non mi dirai mica che per la tua strada ci crescevano gli alberi?>>. <<Oh che ti sei rincitrullita? No, però dentro a queste sacche si formano due acidi, l'acido tannico e l'acido gallico, usati dai tintori per conciare le pelli! E poi pensa alla storia dell'insetto che vi depone le uova, è un po' come se fossi frutta di un'incubatrice ed io stessa per molto tempo sono stata come un'incubatrice per molti personaggi. Jolanda, per esempio, nello svolgere questo ruolo mi ha dato un bell'aiuto: stava per questa strada ed era infermiera, così tante donne del rione andavano a partorire da lei ma c'erano anche quelli che ci andavano per poter far nascere i figlioli in Fontebranda; come la tu' nonna per esempio. Il giorno del giro e per la festa della Madonna, Jolanda radunava in casa sua tutti i bambini che vi erano nati e si preoccupava che avessero un vestitino da angelo o da frate per la processione e che diventassero uomini e donne dell'Oca>>.
Sospira, poi riprende di fretta:
<<Le conce sparirono, i tintori pure, ma i galluzzini l'arte del conciare non l'hanno mai abbandonata. Devi sapere che all'angolo con il Forcone, c'era Trombicche, il vinaio, babbo di vino di molti fontebrandini; lui sì che si conciava e si conciava e se gli chiedevi quattro bicchieri di rosso, lui ne metteva sempre cinque sul bancone; quattro più uno, il suo. Pare che anche Pappio fosse uno che si conciava. Mi ha raccontato in segreto Fabio Laini che nel Forcone il sor Ettore Fontani aveva alcune stalle e che Pappio, appunto, faceva montare a cavallo i ragazzi, ma solo quando non era concio! Pensa a Rita Brizzi e la su' sorella Grazia, i ragazzi di Via Santa Caterina quando, per la festa della Madonna, venivano a sciupare il Tabernacolo, li conciavano per le feste. Per la festa della Madonna, c'hanno sempre sentito parecchio, ma c'è un motivo: viene dal 1937 quando, per far realizzare dal Giunti il Tabernacolo, fecero addirittura una colletta. Le donne, tra cui la mamma del Poccia o Olo come lo chiamano ora, organizzavano la cena e poi mangiavano tutti insieme per la strada. Se mai un ci so' attaccati!>>. <<Accidenti! Tanto da farsi i dispetti con gli altri?>>. L'Incrociata e l'inizio di via della Galluzza.<<E' sempre stato così, però gioca' giocavano insieme.
Si ritrovavano all'incrociata e si mettevano d'accordo per andare a rubare le mele o le ghiande, per poi venderle fuori porta; oppure andavano nel portone di Concettina e giocavano al dottore. Un po' come fanno ora, continuano a conciassi come animali quando fanno l'acquate e poi vanno a giocare al dottore su per la Macina o il Forcone.>>
Sembra quasi ammiccare come per farmi capire che su per la Macina ha visto anche me perciò mi affertto a cambiare discorso. <<E in inverno cara Galluzza, come te la passi?>>. <<Per certi aspetti le cose sono migliorate molto, ai tempi del Luppoli o di Lallo, il riscaldamento te lo sognavi la notte se avevi un "prete" da mettere nel letto, altrimenti battevi parecchio i denti! Ora invece si sta parecchio più caldi, ma ognuno sta a casa sua". <<Prima invece no?>> <<Uffa cittina quanto sei dura!, T'ho detto che il riscaldamento un' c'era, e allora spesso la sera si radunavano a casa di chi aveva una stufa economica e allora sì che organizzavano e venivano fuori le idee migliori! Una strada di artisti! Pensa che nel palazzo dove stavano gli Errera, all'ultimo piano, adibivano il pianerottolo a teatrino e Enzo il Luppoli e le sorelle Checcacci si cimentavano in meravigliose performance teatrali. Per non parlare dell'estro che mettevano nella costruzione dei Presepi o le mitiche Amneris e Zita che invece avevano una voce strepitosa. Certo, Gianna Nannini, che anche lei è passata dalle mani di Jolanda ha avuto più successo, ma quando all'incrociata cantavano insieme agli altri, facevano gente. E' sorprendente come anche il più semplice dei falegnami avesse le doti del restauratore>>.
Ridacchia ripensando a quello che sta per raccontarmi: <<Remo Luzzi, era un falegname che aveva la bottega proprio davanti al tabernacolo, dove c'era bagoghino, faceva tutti gli interventi necessari nel circondario e quando ci fu da riattaccare il dito alla statua della Santa, effettuò il restauro senza battere ciglio (forse l'avrà solo un po' conciata prima!)>> Comincia ad abbassare la voce e mi sussurra all'orecchio:<<Ti devo confessare una cosa: nel Tiratoio c'avranno anche tessuto le fila della storia di questa Contrada, ma è qui che è nata la Società Trieste, grazie allo spirito di comunione dei galluzzini stessi. accanto al tabernacolo, dove c'era il negozio di barbiere di Bruno Lusini, aveva sede, prima della grande guerra la Società dei quindici, fondata appunto da quindici galluzzini>>. <<Senti, senti quante cose nascondi sotto gli archetti e tra i vicoli!>>. <<E avrei molte altre cose da raccontarti ma se vai da molti dei galluzzini che anche ora vi abitano avranno sicuramente due minuti da dedicarti; un'ultima cosa però volevo dirti: stai attenta, per queste strade ci "si sente", pensa che Senio il Gabrielli l'hanno visto uscire di casa tutto nudo, sembra che sia scappato dalla vasca dopo aver visto un fantasma! Io non lo so come funziona ora, ma prima ci si sentiva e credeva anche parecchio. Meno male la nonna Bruschettini ci toglieva il malocchio e noi giravamo protetti (almeno dalle malie): però... pare ci sentissero anche in Santa Caterina>>.
Improvvisamente una grande ventata mi arriva da dietro e una voce tonante mi fa sobbalzare:
<<Eh no!, le mi' cose le voglio raccontare io!>>.
Ci siamo, s'era svegliata anche Via Santa Caterina... (continua)

Per gentile concessione dell'autrice del racconto
 BARBARA TOTI

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