di Massimo Tinti

Ho vissuto questi giorni della Festa, con l’intima consapevolezza che sarebbe potuto accadere qualcosa di bello. Quando si cambiano le abitudini, trascorrendo i giorni in un’altra casa, con una nuova strada da percorrere, piccole scoperte, si respira la sensazione che possa compiersi una magia.

Fra le tante cose che mi resteranno addosso di questa vittoria, voglio ricordare la mattina del primo luglio, quando dopo aver salutato mia figlia alla stazione di Siena, sono tornato in un luogo che appartiene ad uno dei tanti capitoli passati in questa - un po’ anche mia – città: Porta San Marco.
Il sole nonostante non fossero ancora le dieci, picchiava inesorabile lungo via di San Marco, lasciando la parte destra ancora all’ombra. Sono passato accanto a capannelli di giovani chiocciolini in piedi, affaccendati a disporre tavoli e sedie per la cena della prova generale e poco discosti, fuori dalla società di Contrada, uomini e donne intenti a bere un prosecco e a fumare l’ennesima sigaretta.

Era l’attesa che insieme alla calura, sembrava sciogliere quei muri, che non sfioravo da tanto tempo. Alla fine della salita, si apre il Piano dei Mantellini occupato da altri contradaioli dai colori rosso, bianco e blu, altri tavoli e sedie da sistemare. Attraverso la porta sono risalito da via di Stalloreggi, in cerca di un altro po’ di ombra, per finire dritto in piazza Postierla, altro luogo della memoria.
Dov’è finito quel tempo, quel ristorante, quelle persone che stavano con me? Dov’è finito l’io di allora? I miei 20 anni in attesa che Aceto vincesse il suo tredicesimo palio con Brandano?

Alla sera, in un altro luogo più familiare, alle Fonti, mi sono trovato a cena in mezzo agli ocaioli di Siena, volti conosciuti, uomini ormai vicini ai 50, che ho visto ragazzi nei primi anni in Contrada. Il clima era di speranza...Giovanni, il Governatore che aveva appena fatto un discorso sentito, il Capitano invece non l’avevo capito molto, ma cos’era quel magone che mi portavo dentro e che neanche il bacio di Siena nel piatto era riuscito a sciogliere?

E se l’indomani non si fosse vinto? Se qualcosa fosse andato storto? Ed infatti tutto era finito con l' andare storto, il palio era stato rimandato ed io la sera del 2 avevo rifatto il trolley e me ne ero tornato a casa.
La notte a Firenze, in estate, dormire non è semplice, fa due volte più caldo che a Siena, ma il pensiero resta fisso e il giorno dopo quel magone non passa, tornare a Siena o viverlo lontano da Siena questo palio? Non so decidermi ed il tempo scorre, ormai sono quasi le cinque e non c’è più tempo, Sunto è già un po’ che suona, nel mio cuore.

M’illudo che non vinceremo, che qualcosa si romperà come in un sogno al risveglio ed invece - perché la realtà quando vuole, sa essere più bella di un sogno - si parte in testa e si stravince e mi ritrovo come un coglione sul divano a urlare: <<E’ OCA, è OCA>>, a sventolare la bandiera dal terrazzo e a cantare il Te Deum trasmesso da Canale 3.
Tutti gioiscono e festeggiano in quello schermo, qui è silenzio irreale, il magone è diventato voglia matta di scappare a Siena. Che fai ancora qui? - mi urla Laura. Sono in macchina e in meno di un’ora  di nuovo a Siena - come quella sera del ’98 di Trecciolino e Vittorio – allora lei aveva vent'anni e non ci lasciavamo un minuto.

Ora sa che devo essere lì per abbracciare il mio sogno e dimenticare anche solo per un istante che il passato non torna, che quell’attimo sta per svanire e confondersi con gli altri attimi della mia vita e deve essere vissuto in pieno, come un bacio da dare, un bicchiere da vuotare, un sorriso al cielo. E allora il magone scompare. Mi ritrovo alle 8,00 del mattino a sedere su uno scalino della Galluzza, fra poco parte il Giro…Buon tredicesimo Massimo.

INSERTO DEDICATO ALLA VITTORIA RIPORTATA SUL CAMPO DALLA NOBILE CONTRADA DELL'OCA IL 3 LUGLIO 2025